Arneis biodinamico in anfora. Prego? Sì, certo: il primo e unico. Era il 2021, si stappava il nettare vendemmiato due anni prima. Roero Arneis, certo. Il bianco più famoso delle colline sulla riva sinistra del Tanaro, di fronte alle Langhe. E fin qui, tutto bene. Naturalmente, niente chimica: biologico certificato. Non solo: quel vino è anche biodinamico. Ma l’ultima sorpresa è senza precedenti. Arneis vinificato in anfora. Perché? Per tante ragioni. Per il gusto della scommessa. Per dargli una “culla” diversa dall’acciaio. E soprattutto, per farlo vivere più a lungo: anche 6-7 anni di longevità, come se fosse un rosso. Motivo: la micro-ossigenazione che solo la ceramica garantisce. Un affinamento morbido, paragonabile a quello che assicura il cemento. Ma con in più quella speciale, magica vibrazione energetica. Risultato: un bianco spettacolare, sbalorditivo e ricchissimo, pieno di sole.
Il rebus non si risolve se non si conosce Sergio Marchisio. E’ il papà del primo Arneis in anfora della storia. «Qui a Castellinaldo – dice – un tempo c’erano solo filari di Barbera. Sono stato il primo a impiantare l’Arneis». E’ stato il primo anche a farne bollicine: il clamoroso Faiv metodo classico, fino a 10 anni sui lieviti. Poi è arrivata una specie di rivoluzione: l’anfora. «Volevo tornare all’antico: al Caucaso, alle origini del vino». Vantaggi: «L’anfora protegge il vino da ogni stress. E lo tiene a contatto con l’ossigeno in modo unico, gentile. Così il vino respira, evolve. Diventa qualcosa che non ti aspetti: raggiunge forse la sua espressione più vera». E non è tutto. «L’Arneis tradizionale è un bianco immediato, da bere giovane. Così, volevo capire se potevo allungargli la vita, senza esporlo all’invasività del legno. Ho pensato: ci si può riuscire solo con l’anfora. E infatti, eccolo qui: lo stappi a distanza di anni, e lui continua a stupirti. Ha da raccontare tante cose. E gli serve tempo».
Sembra ormai un ricordo, quel primo esperimento: appena mille bottiglie, allora. «Oggi, il nostro Arneis in anfora è apprezzatissimo, molto richiesto». Vinificato sulle bucce, lasciato nelle “uova” per ceramica per quasi un anno. Alle spalle, c’era stato un primo tentativo altrettanto rivoluzionario: il primo Nebbiolo in anfora, lo strepitoso Valmaggiore. Poi seguito dal Pinot Nero. Oggi, a tener compagnia all’Arneis “caucasico”, alla Marchisio Family c’è un altro vitigno bianco: il Riesling. «Piccole produzioni: per il puro piacere di assaggiare il risultato». Inutile aggiungere che quelle bottiglie vanno a ruba. Basta svitare il tappo a vite, e il mistero è risolto. Specie quello del Roero Arneis: ampio e generoso, pieno di sfaccettature. Ai profumi esplosivi della versione classica, in acciaio, si aggiungono i toni dell’ambra. Profondità insospettabili, in un Arneis. Nessun trucco: solo passione. E il gusto dell’avventura. Vino “green”, sicuramente. Ma con una marcia in più: il gusto – irripetibile – dell’opera d’arte.