S’era mai visto, un Arneis fatto così? Macché: c’è voluto Sergio Marchisio, per estrarre un’altra anima, insospettabile, dal bianco che ha storicamente rilanciato la viticoltura pregiata del Roero. Già l’Arneis “tradizionale” della Marchisio Family era diversissimo dagli altri: profumi esplosivi e sentori tutti suoi, grazie ai lieviti autoctoni e ai trattamenti naturali del biologico, con la marcia in più rappresentata dall’alchimia biodinamica che incrementa, anno dopo anno, la fertilità dei suoli, in mezzo alle erbe e ai fiori. Ma l’ultimo nato in cantina va addirittura oltre: pieno e ricco, morbidissimo, arrotondato in modo spontaneo, tracimante solarità. E capace – altra novità sensazionale – di una longevità sorprendente, per l’Arneis. Il segreto? Semplice: l’anfora di ceramica.
Il pioniere Sergio Marchisio (grande sperimentatore, il primo a vinificare in anfora il Nebbiolo) ha fatto della ceramica del Caucaso una scommessa: ricondurre i vini alla loro origine primigenia, protetti dalla terracotta che li lascia giovani per sempre, al riparo dagli stress termici, garantendo ampiezza e lunghezza, verso affinamenti teoricamente infiniti e senza mai segni di vecchiaia. Nel 2019 il primo esperimento, con appena mille bottiglie: Arneis vinificato in acciaio e poi trasferito nelle anfore per la sua evoluzione. «Il consenso è stato così unanime – racconta Sergio – da spingerci, dopo la vendemmia 2020, al passo successivo: Arneis vinificato direttamente in anfora, sulle bucce». Dieci quintali di uva, trasformata in mosto e poi in vino, lasciato nelle “uova” di ceramica per addirittura 9 mesi. Risultato? Spettacolare: il Roero Arneis che non ti aspetteresti mai, anche se riconosci subito l’inconfondibile carattere varietale del vitigno.
«Credo nelle potenzialità dell’anfora di ceramica», scommetteva Sergio Marchisio, un anno fa, parlando anche dei vini rossi normalmente affinati nelle botti: «L’anfora svolge lo stesso “lavoro” della barrique, ma ovviamente non rilascia i sentori del legno che possono alterare l’equilibrio olfattivo e gustativo del vino, assaporato in purezza». Nel caso dell’Arneis, a essere soppiantato è l’acciaio: il risultato può ricordare vagamente il tocco soffice garantito dal cemento, ma con una “vibrazione naturale” in più e una vitalità ben diversa, smagliante. Solo la ceramica, infatti, preserva interamente la piena integrità del frutto, senza attenuare l’esuberanza del vino. La sfida è stata vinta: nella sua nuovissima etichetta, completamente ridisegnata, l’Arneis 2020 in anfora “ti avverte”, dal primo sorso, che stai per degustare una sorta di pozione magica, dal potere inesauribile di sorprendere. E non finisce qui: «La vera scommessa è questa: fare dell’Arneis un bianco longevo, con la capacità di crescere con il tempo: deve poter essere apprezzato anche dopo 6-7 anni». I presupposti ci sono tutti: non resta che assaggiarlo!