Borgogna, Roero e Caucaso. Possono stare insieme? La risposta è sì. Basta aver fede nel vitigno più famoso al mondo. Lo si pianta lungo il Tanaro e poi il succo lo si affida alla ceramica. Risultato: Pinot Nero in anfora. Il primo, in assoluto, prodotto nel Roero. La sfida: le nostre temperature quasi mediterranee. Un anno fa, la sorpresa: hanno sbalordito anche “Wine Enthusiast” le prime bottiglie, vendemmia 2019. Ora ci risiamo: il Pinot Nero in anfora della Marchisio Family, biologico e biodinamico, viaggia spedito verso la gloria. Seriamente: il rosso nordico sa farsi valere anche qui. Conferma la sua personalità inconfondibile, fatta di finezza. E si arricchisce di accenti e rotondità. Grazie alla magia dell’anfora: equilibrio e morbidezza.

Lo ha appena scritto il giornalista gastronomico Dan Saladino. In Georgia, ha scoperto il lato “spirituale” del nettare che nasce dalle antiche giare interrate. Quel vino – dice – è considerato «una forma, liquida, della luce del sole». Sorseggiarlo è quindi «un modo di entrare in comunione con Dio». Esagerazioni? Niente affatto. Al cielo si rivolge regolarmente Sergio Marchisio, il “mago del green” nel Roero. A dettare i tempi sono sempre le stelle: lo prescrive il calendario biodinamico. «Ogni nostra scelta, partendo dal seppellimento del corno-letame nel giorno di San Michele Arcangelo, si attiene scrupolosamente ai dettami di Rudolf Steiner». Tradotto: come nel Caucaso, anche qui è proprio il cielo a imprimere un’anima inconfondibile al vino della Marchisio Family.

Vinificato in rosso, il Pinot Nero – in Italia – è diffuso essenzialmente in Alto Adige, nel fresco clima alpino. In altre zone, come l’Oltrepo Pavese, serve soprattutto come base per lo spumante (sul modello francese dello Champagne). Rosso e in purezza, parla un’altra lingua. Nel Roero, poi, un’altra ancora: merito della vinificazione naturale. E ovviamente, dell’anfora: dove affina per almeno un anno, prima di affrontare un’ulteriore, lunga evoluzione in bottiglia. Snello e slanciato, sorretto da una bella acidità armonica. E con dentro il calore del sole e i profumi strepitosi che nascono dal vigneto biodinamico di Priocca. Il Pinot Nero – ricordano i manuali – è molto sensibile al terroir: varia molto, a seconda della zona di produzione. La scommessa: farlo restare se stesso. Come? Innanzitutto, anticipando la vendemmia in base a un’ottimale maturazione fenolica.

Ed eccolo, il Pinot Nero in anfora creato da Sergio Marchisio. «Ho sempre amato i grandi Borgogna, non ho resistito alla tentazione di provare quel vitigno anche sulle nostre colline». Ciliegia e lampone, fragola e mirtillo. Col tempo, frutta matura e note di sottobosco, cuoio e liquirizia. Il segreto? La sovrana armonia tra eleganza e ricchezza. Essendo contenuti i tannini, la chiave “alchemica” sta proprio nel dosaggio dell’acidità. E il tocco finale – soffice, gentile – è il grande regalo dell’anfora. E’ così che la Borgogna rinasce nel Roero, grazie al Caucaso. Un modo per sfiorare il cielo? Forse, ma restando coi piedi per terra. Per esempio, imbottigliando questo gioiello con la più sbarazzina delle chiusure: il tappo a vite.

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