Ci sono vini gentili e vini severi, vini larghi di sentimenti e vini verticali, sinceri, profondi, che hanno bisogno di tempo per esplodere in ampiezza e complessità, senza rinunciare al sentore floreale dell’estate che li ha visti nascere. C’è tutto questo, nel Valmaggiore, un rosso veramente unico, che non finisce di sbalordire. E’ l’ultimo esperimento di Sergio Marchisio, nato tra i vigneti ripidissimi del rinomato bricco di Vezza d’Alba, culla dei più celebri Nebbioli del Roero, cresciuti in un impasto fortunato di marne e sabbia di origine marina.
Sta incontrando un grande successo, il Valmaggiore, e la notizia sta nel fatto che si tratta di una bottiglia più che sorprendente, capace di racchiudere in sé tutta l’essenza della Marchisio Family: biologico e biodinamico in questo caso si sposano con la vinificazione e l’affinamento in anfore di ceramica, per poi finire in tavola – coraggiosamente – con un inatteso tappo a vite. Davvero un Nebbiolo fuori ordinanza, che aspetta solo di essere aperto per cominciare a stupire. Provare per credere: e infatti il passaparola sta funzionando, tra enoteche e ristoranti.
E’ una specie di rivoluzione, quella del Valmaggiore, che ha in sé qualcosa di antichissimo e primordiale – terra e cielo, le origini caucasiche – per poi fiorire nel bicchiere come ogni vero grande vino, affascinante alchimia di eleganza e abissi. In fondo ha appena iniziato a parlare, il Valmaggiore, ma ha già in serbo discorsi infiniti.